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27 10 2025

5 ragioni per cui non senti parlare del Congo

1.Parlare del Congo significa nominare responsabilità. 

Raccontare le responsabilità dietro le violenze significa esporre attori statali, multinazionali e reti di complicità internazionale. Ecco che i conflitti che mettono in discussione interessi consolidati ricevono meno copertura.

Perché? Le narrazioni mainstream e le agende mediatiche sono influenzate da interessi di politica economica. 

Il risultato? 

  • Scarsa indagine giornalistica sulle catene di approvvigionamento dei minerali.
  • Debole pressione diplomatica verso attori coinvolti per timore di compromettere alleanze strategiche.
  • Sovraesposizione di crisi che non mettono in discussione poteri economici.
2. Le risorse che finanziano lo sfruttamento

Il sottosuolo congolese è ricco di materie prime, risorse come: coltan, cobalto, oro, diamanti, stagno. Questi minerali alimentano intere industrie globali – dall’elettronica all’automotive. 

Le catene di approvvigionamento, spesso opache, permettono a attori economici internazionali di trarre profitto dall’instabilità, consolidando pratiche predatorie: accaparramento delle risorse, sfruttamento del lavoro.

  • I Prezzi e domanda globali incentivano estrazioni anche in contesti di conflitto.
  • Le aziende non tracciano adeguatamente la provenienza delle materie prime = complicità indiretta. 
  • Risultato: le comunità locali sono private di controllo e beneficio sulle risorse del proprio territorio.

Mettere in luce questi legami sfida interessi economici coloniali.  Quando la ricchezza estraibile diventa fonte di profitto per attori esterni, l’instabilità conviene e l’informazione diventa più sottile e filtrata. 

3.Guerre per procura e interessi geopolitici

Il conflitto in Congo non è solo un conflitto interno. E’ il risultato di interventi regionali e di competizioni geopolitiche. Gruppi e attori esterni operano nel paese con l’obiettivo di controllare risorse o influenza politica. Questo rende il conflitto complesso da raccontare: non è solo una guerra interna ma un intreccio di interessi regionali e internazionali, con responsabilità diffuse.

Punti chiave da analizzare:

  • Presenza di milizie locali sostenute — direttamente o indirettamente — da potenze regionali.
  • Interessi strategici (controllo delle rotte, accesso alle risorse) che coinvolgono attori esterni.

La complessità geopolitica rende più difficile una narrazione semplice e facilmente digeribile dai media mainstream.

4.Razzismo sistemico e gerarchie di attenzione mediatica

L’attenzione internazionale ai conflitti soffre di bias. 

Le emergenze che coinvolgono paesi e popolazioni africane spesso ricevono meno copertura e meno mobilitazione pubblica. Questo fenomeno si spiega anche e soprattutto decostruendo e analizzando dinamiche storiche e culturali: pregiudizi razziali e bias e il valore differenziale attribuito alle vite umane nelle narrazioni globali.

L’attenzione internazionale ai conflitti soffre di bias. E questo come si manifesta? 

  • con una copertura mediatica limitata o episodica, senza follow-up.
  • una minor pressione pubblica su governi e istituzioni affinché intervengano o condannino.
  • minore priorità nelle agende politiche rispetto ad altre crisi percepite come “più vicine” o “più strategiche”.

Quando la violenza riguarda popolazioni nere è derubricata a “conflitto africano”. Questo disvalore sistemico alimenta il circolo della non-rappresentazione e dell’impunità.

5. Il profitto del silenzio – complicità economica e morale

L’invisibilità del conflitto è funzionale a chi ci profitta: le catene di profitto, le reti di corruzione e l’economia informale del conflitto prosperano quando c’è scarsa trasparenza. Le conseguenze di invisibilizzazione? 

  • Assenza di indagini indipendenti e accountability.
  • Sostegno implicito a pratiche di sfruttamento e finanziamento di milizie.
  • Difficoltà per le organizzazioni che operano sul posto di ottenere visibilità e fondi necessari.

Il silenzio non è mai neutrale: avalla un sistema che non mette in discussione pratiche economiche coloniali, storie di abuso di popoli e terre. 

 

DADAxCONGO è uno sforzo per metterci in rete e rompere il tetto del silenzio sostenere le organizzazioni locali e amplificare le voci delle comunità congolesi. Non possiamo dare sostegno umanitario senza restituire la dignità del racconto e delle storie alle voci e ai corpi cui appartengono. Assistiamo le donne congolesi del Nord Kivu, le più colpite dal conflitto, con kit di dignità nell’emergenza, le sosteniamo in questa fase emergenziale perché possano trovare spazio per raccontare e per resistere.

Facciamoci amplificatori.
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